lunedì, giugno 09, 2008

_ljubljana


non c'entra niente con la mia ricerca, ma, giusto pour la petite histoire, mi sembra doveroso farvi sapere che sono a Ljubljana, ultima tappa prima del rientro.

sabato, giugno 07, 2008

_zagreb


ed eccomi a Zagabria, penultima tappa del mio faticoso rientro in italia. in effetti, qui non c'è molto da dire per la mia ricerca, in quanto la città, a parte qualche piccolo episodio e qualche danno trascurabile, non è stata travolta direttamente da grossi attacchi bellici.
Sarebbe interessante tuttavia provare a studiare come la retorica nazionalistica e il processo di costruzione dell'identità storica della Croazia abbia prodotto - qui come a Belgrado, per esempio - significativi mutamenti nella forma urbana. Sia qui che a Belgrado (e in altre città dei Balcani) si potrebbe dire che il "discorso del nazionalismo" si esprime anche attraverso semiotiche spaziali, riconfigurazioni di ambienti urbani, "reinterpretazioni" dei musei (numerosissimi in questa città, ma con collezioni totalmente nuove, in molti casi).

giovedì, giugno 05, 2008

_"la ricostruiremo piu' bella e piu' vecchia di prima"



questo disse il comandante dell'artiglieria serba che comandava il bombardamento della citta' dalmata di Dubrovnik, di fronte alla quale anche Napoleone, incantatato dalla sua bellezza, rifiuto' di puntare i suoi cannoni.
Sono arrivato in citta' ieri sera, dopo aver attraversato in autobus l'Hercegovina e i tanti posti di blocco di una frontiera "imperfetta", in cui ancora sopravvivono alcune larghe zone di "osmosi", una frontiera porosa, che ti impedisce di capire chiaramente "dove finiscono" i bosniaci e dove iniziano i musulmani (e meno male). Non e' come prima, d'accordo, e molti segni di "soglia" - mezzelune e scacchiere, croci e minareti - sono stati eretti a ricordarti che stai "cambiando posto". Basta fare una passeggiata in alcune zone di mostar - semza neanche bisogno di avventurarsi in percorsi extraurbani - per accorgersene.
In effetti Dubro e' stata ricostruita - bella e "vecchia" come prima. I turisti affollano lo Stradun, la via principale duramente colpita dai mortai nel '91 e nel '93, come se niente fosse successo. Gli abitanti della citta' non so, sembra una di quelle citta' fatte solo per i turisti, e penso che sara' difficile trovare qui qualcuno con cui parlare dei tempi della guerra, anche perche' il tempo a mia disposizione e' troppo poco, parto domani.
Comunque, ironia della sorte, la profezia del comandante serbo (anche se non sono stati i miliziani serbi a ricostruirla, loro sono riusciti a portare a termine solo la prima parte del loro "piano"), sembra essersi avverata e della guerra nessuno sembra ricordarsi.
continuo a chiedermi: e se fosse meglio cosi'? i problemi in questi paesi sono sempre di due tipi: troppa memoria, o troppo poca memoria. e se ricostruire fosse un modo per perdonare, anche quando il perdono e' difficile?

_tante cose da scrivere e poco tempo per farlo

quando ho deciso di aprire questo blog, la mia idea era quella di aggiornarlo quotidianamente, quasi fosse un diario di viaggio... forse pensavo che l'immensa dilatazione del tempo nei balcani mi avrebbe concesso ogni giorno qualche minuto di tempo per farlo. tempo non ce n'e' stato - e non ce ne sara' nei prossimi giorni, gli ultimi di questo mio rocambolesco ma istruttivo e divertentissimo pellegrinaggio in terra balcanica. avrei ancora tante cose da scrivere su belgrado, sarajevo, su mostar, soprattutto, dove mi sono fermato solo pochi giorni ma dove ho avuto la fortuna di vedere tante cose, guidato dal calore e dalla simpatia dei tanti mostarini che mi hanno accompagnato nelle mie gite urbane (ma gli stessi ringraziementi sono dovuti ai miei amici di belgrado e sarajevo... mostar e' stata l'ultima tappa e me n'e' ancora rimasto un pezzo attaccato, forse...).
non c'e' stato il tempo di fare quello che volevo, dicevo, col blog, ma anche con la mia ricerca: ho parlato con tante persone ma avrei potuto conoscerne molte di piu', ho scattato un sacco di foto, ma non abbastanza e sicuramente non le migliori... e tutto per la mia innata tendenza a rimandare a domani quello che potrei fare oggi (a belgrado una ragazza, quasi come se mi conoscesse da sempre, mi ha regalato una spilla con su scritto in serbo proprio questa frase, che purtroppo mi ha accompagnato per tutti questi giorni...). ma non e' stata solo colpa mia, i balcani sono complessi, tanto, e poco piu' di due mesi non bastano a comprenderli, ad abbracciarli tutti, in senso fisico proprio...
mi sono fatto catturare dagli interminabili caffe' accompagnati da 500 sigarette, dalle tante, troppe forse, loza serali, dal cazzeggio dei sempre affollatissimi, a qualunque ora del giorno, bar balcanici (ma chi lavora qui, se stanno sempre tutti al bar?). ma non rimpiango il tempo cosi' "sprecato", le poche cose che ho imparato di questi posti in fondo le ho imparate tutte nelle kafane, nelle burekžinica, nelle panchine dei parchi...
ho una marea di appunti, di foto, di registrazioni e soprattutto di ricordi. e ricordi soprattutto di persone, non di luoghi. cosa che potrebbe sorprendere dato il tema della mia ricerca, che voleva interrogarsi sui luoghi e sui loro sensi. ma sono stati tanti piccoli sensi individuali a svelarmi altrettanti piccoli sensi di questi luoghi.
recuperero' al mio ritorno in italia, postando tutte le riflessioni che avrei dovuto scrivere "in diretta" e che appuntavo qua e la', in linguaggi e modalita' solo da me comprensibili, nei posti piu' improbabili. provero' a tenere in vita, cambiandone il progetto originario, questo blog, usando i pochi momenti in cui posso usare internet per postare piccoli aggiornamenti e segnalazioni.
ve ne do' subito una, ma non dovete ringraziare me, ma Maja, che mi ha fatto conoscere questo fotografo straordinario, Ron Hazin, che della guerra in ex-jugo ha saputo cogliere l'anima piu' profonda solo attraverso piccoli dettagli quotidiani, di una quotidianita' di guerra, a volte cosi' difficile da rappresentare o anche solo da immaginare...
infine, un saluto a cicciosax e a tutti gli amici di burekeaters: tenete duro, abbiamo bisogno di voi.