mercoledì, aprile 16, 2008

_i sensi delle rovine

uno dei quesiti principali della mia ricerca riguarda, come è noto ai miei lettori più affezionati, il significato - politico, sociale, culturale - assunto nel corso degli ultimi nove anni dalle rovine prodotte dai bombardamenti della nato a belgrado.
mi sto concentrando in particolare su questi edifici (e più in particolare su quelli presenti nel centro della città) perché credo che la memoria viva di una città non vada cercata tanto nei monumenti, nei memoriali, o nei posti progettati con l'intento esplicito di conservare una memoria, ma nelle zone e nelle parti di essa dove essa "si produce" autonomamente, in maniera incontrollabile, spontanea. il mio interesse riguarda dunque soprattutto quella che potremmo chiamare la mémoire involontaire di una società.
per questi motivi, mi sto interessando nello specifico agli edifici di kneza milosa, perché essi rappresentano, per la città, un ricordo ancora vivo di un evento storico non ancora del tutto metabolizzato, un monumento involontario alla memoria di una parte della propria storia rispetto alla quale la società serba fa ancora fatica a rapportarsi.
l'"involontarietà", la spontaneità di questa memoria presta però spesso il fianco a "usi" più o meno politici di essa. in un post di qualche giorno fa, facevo riferimento alle manifestazioni politiche (come quella di febbraio post-indipendenza kosovo) che si concludono nel palcoscenico di kneza milosa. in quel post mettevo in evidenza come un ruolo principale, in questa scenografia che mette in scena tutti i poteri - statali (ministeri dell'interno e degli esteri) ma soprattutto internazionali (varie importanti ambasciate) -, è svolto proprio delle rovine, che si collocano a metà e alla fine di questa importante arteria stradale.
Soprattutto quelle del Generalstab (l'edificio progettato da Dobrović) svolgono un ruolo fondamentale: per la loro visibilità, per la loro centralità, per lo stridente contrasto che producono con l'ambiente circostante (costituito da architetture governative neo-classiche). Tutte le manifestazioni, solitamente, passano o si concludono in questo punto della città, l'incrocio tra k milosa e nemanjna, dove sono presenti, per l'appunto il "vlada" (uffici del primo ministro e del governo) il ministero degli esteri e le rovine dei palazzi (ex federali) di dobrovic. Esiste quindi una continua produzione mediatica di immagini di proteste che hanno, per scenografia, l'aggressione nato, e quando i giornali o le televisioni diffondono le immagini delle manifestazioni, le rovine stanno sempre lì, sullo sfondo. ai "sensi sociali" delle proteste si assommano dunque gli instabili (valorialmente) "sensi" delle rovine, e l'effetto finale di questa sommatoria, la risultante delle forze semiotiche in gioco, è sempre variabile e imprevedibile. Queste rovine riescono comunque sempre ad essere un efficace serbatoio di significati, variabili a seconda del discorso in cui sono inseriti.
e il problema della memoria in serbia, a volte, sembra essere proprio questo: è un deposito, disordinato e caotico, dove chi vuole può pescare quello che gli serve per i suoi fini, che sia democratico, conservatore, nazionalista, liberale e chi più ne ha più ne metta.
qualche giorno fa ho assistito ad uno sciopero che si è concluso con il blocco di kneiza milosa per qualche ora. indovinate quale punto della strada è stato scelto per il blocco?


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