sabato, maggio 24, 2008

_sarajevo città divisa


ieri sono andato a visitare Sarajevo Est, istocno Sarajevo, ovvero la parte della città assegnata dagli accordi di Dayton alla repubblica Srpska. Sarajevo è, infatti, una città, dal punto di vista amministrativo, divisa, ed una parte di quello che una volta era territorio cantonale si trova al di fuori della federazione. Nessun confine vero, nessuna frontiera, nessun posto di blocco: si prende un autobus sino a Dobrjinja, la periferia est della città, verso l'aeroporto, si scende al capolinea, si fa qualche metro a piedi, si attraversa un'anonima rotonda di periferia, e si è in repubblica serba, dall'altra parte della barricata.
si tratta, è vero, di una divisione amministrativa, di un contentino dato ai serbi che miravano a dividere la città e prendersene una più grossa fetta, ma è più che evidente, anche dopo una superficiale osservazione delle dinamiche urbane che riguardano questa parte della città (che sino a qualche anno fa si chiamava ufficialmente Srpsko Sarajevo, ma a cui è stato imposto di cambiare il nome con un appellativo più neutro), che non è solo un problema amministrativo.
Non c'è nessun confine visibile, dicevo, ma ci sono comunque tanti indizi che rendono evidente che si sta attraversando un confine di qualche tipo. Ad esempio: la presenza massiccia del cirillico, assente nel resto della città se non in alcuni edifici pubblici dove è obbligatoria la doppia grafia; le differenti tabelle che indicano i nomi delle vie: in blu (come in serbia) e non in verde, con nomi tipicamente serbi (vojvode putnika ecc) e in cirill; niente minareti ma solo una grande chiesa ortodossa. L'aspetto è quello di una normale periferia, molto terrain vague, e tale è nella percezione dei sarajevesi, che non la considerano neanche città, ma già campagna. 
Non è lo stesso per i serbi che vivono qui, che considerano questa parte periferica della città un centro urbano vero e proprio, dal quale escono raramente se non costretti. C'è tutto: le bancarelle lungo la strada (ed è strano, perché si trovano su un vialone di periferia e, significativamente, spariscono nella parte della strada che appartiene alla federazione), gente che passeggia e fa shopping, un centro commerciale, negozi e ristoranti, persino un'università e, come ho già detto, la chiesa. 
questa anonima rotonda di periferia racchiude tutte le contraddizioni, le follie e le precarietà degli equilibri politici, sociali, istituzionali, di questo paese.

1 commento:

Anonimo ha detto...

già,luogo assurdo. quando ci andai io la linea virtuale del confine era segnata da vecchine che vendevano sigarette di contrabbando, provenienti dalla Serbia (allora, nel 2000, c'era una bella differenza tra il dinaro serbo ed il marco bosniaco). ai tempi c'erano la stazione degli autobus per la Serbia e una chiesa ortodossa- nuova fiammante-, il resto erano casette sgarrupate.
se vuoi fatti una gita in Jahorina, il villaggio olimpico (ora occupato da profughi, credo) è un bell'esempio di architettura alpina dell'epoca, al netto dell'aura da "Shining" balcanico.
peppe.